di Antonella Pirastu – Consigliere di amministrazione Fon.Ter
Stiamo assistendo ad un “risorgimento” delle politiche attive con una spinta all’investimento in formazione e, in particolare, in formazione continua, sia per contrastare e prevenire eventuali tsunami occupazionali derivanti dalla crisi, sia per agganciare l’inarrestabile evoluzione tecnologico-digitale del mondo del lavoro che richiede di aggiornare ed accrescere competenze e professionalità in un contesto di profonde trasformazioni dei sistemi produttivi, organizzativi, ambientali, occupazionali.
Ed in questo quadro, oggi la formazione viene finalmente messa al centro non solo delle politiche attive, ma anche di quelle passive (con uno stretto collegamento con le varie tipologie di ammortizzatore sociale), riconoscendole un ruolo di svolta per una più veloce e adattabile, occupabilità delle persone, poiché c’è la necessità di agganciare tempestivamente i continui cambiamenti che vive il nostro mondo del lavoro, il nostro tessuto produttivo ed occupazionale.
Si è compreso che una delle leve da azionare, la più efficace soprattutto in questo momento storico, è l’investimento in formazione, formazione su cui nel passato si è investito poco, su cui forse si è creduto poco, portando l’Italia ad occupare il 15° posto nella classifica europea per partecipazione a percorsi formativi nella fascia 25-64 anni.
Occorre, quindi, fare di più e meglio, avendo a disposizione oggi, più che nel passato, diverse politiche, strumenti e fonti di finanziamento che mettono al centro la formazione. Tutto ciò senza lasciare indietro nessuno (né outsiders né insiders) nell’esigibilità del diritto-dovere all’apprendimento, all’aggiornamento, alla riqualificazione delle competenze e professionalità proprio in un’ottica di quello sviluppo delle “competenze” a cui è stato dedicato l’Anno Europeo 2023.
In questo contesto, si colloca l’importante ruolo che anche in questa fase di lunga crisi hanno avuto e continuano ad avere i Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua, organismi bilaterali, di natura associativa e senza fini di lucro, promossi dalle Parti Sociali. Insieme a quelli europei (Fondo Sociale Europeo), i Fondi, istituiti 23 anni dalla legge 388/2000, costituiscono il perno su cui ruota la formazione continua del nostro Paese, dove se ne contano 19, tra cui Fon.Ter, ed hanno come core business il finanziamento della formazione continua dei dipendenti delle aziende che vi aderiscono.

Una opportunità a costo zero per le aziende
Quella dei Fondi Interprofessionali è una formazione finanziata che non rappresenta un costo aggiuntivo per l’azienda, poiché i loro introiti derivano da una quota del contributo per la disoccupazione involontaria destinato alla formazione continua (percentuale pari allo 0,30% della retribuzione dei lavoratori) che tutti i datori di lavoro sono obbligati a versare.
Le aziende hanno, quindi, la possibilità di utilizzare le risorse di questo contributo che obbligatoriamente versano, destinandolo ad uno dei Fondi a cui scelgono di aderire per permettere ai loro dipendenti di aggiornare, accrescere le loro competenze per tutto l’arco della vita lavorativa.
Allo stesso tempo i Fondi Interprofessionali rappresentano anche una bilateralità importante, avendo fatto della formazione continua un volano di sviluppo e competitività delle aziende grazie alla variegata gamma di offerte formative che vanno dalla possibilità di apertura del conto formazione aziendale, al voucher, fino alla partecipazione ad avvisi generalisti (o di sistema). Insomma, ce ne è un po’ per tutti i gusti…anzi i bisogni. I Fondi sono gli strumenti attraverso cui si finanzia la formazione di qualità, quella pensata, costruita, definita, calibrata in base ai fabbisogni formativi delle lavoratrici e lavoratori delle aziende aderenti, dei settori e territori su cui operano, ponendo una attenzione crescente anche alla maggiore inclusività delle donne e dei giovani nei percorsi formativi.
Stando agli ultimi dati pubblicati nel “Rapporto Inapp 2022 su lavoro e formazione”, nei Fondi Interprofessionali si registrano 736.712 aziende aderenti per un totale di circa 10 milioni di dipendenti. Se consideriamo il complessivo numero di aziende censite dall’Inps con dipendenti (circa 1,7 milioni), i Fondi hanno raggiunto un 43% del bacino aziendale ed è quindi evidente che c’è ancora un gran lavoro da fare sul tema dell’informazione e della conoscenza dei Fondi stessi.
I Fondi Interprofessionali rappresentano un fiore all’occhiello italiano, la punta di diamante della formazione continua il cui accresciuto riconoscimento negli anni è maggiormente evidente oggi che sono diventati i principali attori del Fondo Nuove Competenze in cui i Fondi finanziano piani di formazione presentati dalle imprese per adeguare le competenze dei loro dipendenti, come nel campo delle competenze digitali e transizione ecologica che costituiscono le tematiche su cui è incentrato l’Avviso 2022.
Purtroppo, i Fondi stanno subendo un prelievo di risorse pari a 120 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, in forza della Legge di Stabilità del 2015, distraendo ingenti e preziose risorse alla formazione continua a discapito soprattutto della enorme platea di micro e piccole aziende che più delle altre hanno bisogno di formare i loro dipendenti per diventare competitive e affrontare le nuove sfide tecnologiche. Una riduzione di budget che deve tronare alla formazione
Accrescere o riorientare le competenze e professionalità di chi è impiegato in lavori obsoleti, di chi è in cassa integrazione o ha un contratto a termine, significa fornire loro gli strumenti per una più semplice e veloce ricollocazione domani, ma anche per una maggiore spendibilità nel mercato del lavoro. Dall’altra, sul versante aziendale, mettere in formazione i propri dipendenti significa maggiore competitività, maggiore produttività, maggiore resilienza.
La formazione in generale, e la formazione continua in particolare, deve essere vista come una politica attiva strutturale, di cui si deve sempre sentire il bisogno e non solo come politica emergenziale da attivare all’occorrenza, nei momenti di crisi. Deve essere il collante che lega le persone e la ricerca di un lavoro, aziende e dipendenti, in un filo di continuità per tutto l’arco della vita.